


La Storia
Quando l’Italia rappresentava solo una definizione geografica e il Regno Borbone viveva il suo massimo splendore, nei rigogliosi territori aversani, i viticoltori continuavano la tradizione millenaria della coltivazione della “vite maritata”, dalla quale il vino asprinio aveva la sua origine.
Le famiglie brianesi Benfidi Vanacore sin dai primi decenni dell’800 iniziarono la produzione di questo vino autoctono, raccogliendo l’uva dai terreni di loro proprietà.
Le cantine erano ricavate ad una profondità di 15 metri sotto terra, scavate a mano nel tufo.Questa attività è proseguita ininterrottamente per 4 generazioni, attraversando tutta la storia d’Italia fino a nostri giorni, portando attualmente tale produzione ai massimi livelli.
Difatti con il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata del 1993, le produzioni asprinie Benfidi-Vanacore hanno conosciuto un momento di grande propulsione, raggiungendo attualmente livelli di assoluta eccellenza.
L’attuale produzione conserva le caratteristiche assolutamente tradizionali su vitigni “maritati a pioppo” posti ad un’altezza di 15 metri: le cosiddette “alberate aversane”, e la vendemmia nonché la conservazione avvengono ancora nelle corti di famiglia e nelle grotte ottocentesche, visitabili ancora oggi. Il vino viene conservato in botti di rovere.

Tradizione & Innovazione

Fra le terre dell’agro aversano si snodano vitigni carichi di tradizione e storia secolare, che producono uno dei migliori vini e spumanti campani: stiamo parlando dell’Asprinio di Aversa.
Viti arrampicate e “maritate” al pioppo, che formano delle imponenti barriere verdi, cariche di grappoli, e costringono i viticoltori ad autentici equilibrismi. Mario Soldati disse di questo nobile vino: “Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno. Perché i più celebri bianchi secchi includono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio no. L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta… Che grande piccolo vino!”
Le viti maritate, dalla cui uva si ottiene il vino asprinio, rappresentano una tradizione in via d’estinzione, portata avanti solo da coraggiosi ed appassionati viticoltori dell’agro aversano tra cui le famiglie brianesi Benfidi e Vanacore. Sono così definite perché vengono ancorate ai pioppi in modo da farle raggiungere le altezze ragguardevoli che ne caratterizzano la particolare maturazione dell’uva e rappresentano, per questo, la caratteristica essenziale che ha reso l’Asprinio celebre e suggestivo. Esse raggiungono notevoli altezze, anche fino a 20 metri.